lunedì 25 giugno 2012

Il medico che canta alle piante


Sono a Milano in una sala del Castello Sforzesco, a una conferenza cui mi ha invitato un'amica, che è anche una delle organizzatrici. Protaonista atteso è Juan Flores Salazar, curandero Ashaninka, originario dell'Amazzonia peruviana, per la prima volta in Italia. Bebetta mi aveva parlato a lungo di lui, come di un medico, uno sciamano, un grande maestro spirituale. Me lo aspetto maestoso, in variopinti abiti indigeni e mi compare invece davanti un ometto di bassa statura, vestito in abiti occidentali, apparentemente dimesso.


Viene introdotto da Adine Gavazzi, antropologa e storica dell'architettura andina, che lo ha scoperto anni fa e che dal 2007 frequenta con assiduità lui e la sua comunità. Adine ci parla della foresta amazzonica, come dell'ambiente caratterizzato dal tasso di biodiversità più alto del mondo. Ci racconta di questa misteriosa popolazione Ashaninka, che ha saputo convivere pacificamente e creativamente con questa biodiversità, traducendola in una cultura raffinata, che senza l'aiuto della scrittura, attraverso la sola tradizione orale, in 5.000 anni ha saputo isolare 18.000 essenze vegetali (la più estesa enciclopedia peruviana di botanica ne ha classificate solo 5.000 ...). Adine racconta come al suo stupore di fronte alla possibilità che una conoscenza così varia e sofisticata avesse potuto svilupparsi senza scrittura, gli Ashaninka le rispondessero: "Le piante ce lo dicono"...
Racconta, Adine, di come gli Ashaninka abbiamo saputo realizzare una conoscenza "mimetica" di questa ricca rete di relazioni tra specie vegetali, considerando ogni singola pianta come un organismo cosciente, un alleato, con un suo linguaggio da capire, decodificare, raccontare in miti di grande ricchezza narrativa.

Juan Flores Salazar ha dedicato 51 anni alla conoscenza delle piante e alla medicina vegetalista tradizionale, una conoscenza diretta, basata sull'assunzione personale di migliaia di essenze vegetali, che solo dopo essere state metabolizzate possono diventare alleate. Ed è poi diventato un punto di riferimento per la sua comunità, aiutandola a riscattare la sua parte di foresta, evitandone lo sfruttamento dalle multinazionali petrolifere e minerarie.

"Essere ashanika non è vivere in modo esotico, ma condividere le relazioni" conclude Adine.

A questo punto Juan Flores, invitato a prendere la parola, ci racconta di come sia usanza per i medici Ashaninka avvicinarsi alle piante, cantando loro con la propria voce. E ci canta uno dei primi canti imparati dal suo maestro. È un canto di ringraziamento alla pianta per le medicine che ci dà.

Non parla molto Juan Flores e si mette a disposizione del pubblico, per rispondere alle nostre domande. Sono domande spesso sofferte, che riflettono la nostra inquietudine, i nostri sensi di colpa e il nostro senso di impotenza nei confronti di una biodiversità e di cultura indigena che vorremmo preservare e che vediamo minacciate da una modernizzazione violenta che ha aggredito da diversi anni la foresta amazzonica.

A queste domande Juan Flores risponde ribadendo ogni volta, con umile determinazione, la sua intenzione di dialogare, con apertura, senza pregiudizi, con gli scienziati e i medici occidentali.
"Sono venuto qui per dialogare, per fare in modo che questi due mondi si parlino. Trovare un dialogo, un accordo sulle piante medicinali con le comunità urbane è un problema comune a tutta l'umanità, non è un problema solo peruviano. Come è un problema comune anche la conservazione della foresta. Cerco un dialogo con studiosi e scienziati. Ma non rifiutiamo la medicina occidentale. Ho fiducia che unendo le diverse medicine potremo curare meglio."

All'inevitabile domanda sull'Ayahuasca, pianta amazzonica nota per i suoi effetti allucinogeni, risponde molto semplicemente, scoraggiando qualsiasi curiosità morbosa: "Tutte le piante sono curative e maestre. In 50 anni di esperienza quotidiana delle piante posso dire di stare meglio. Per me la ahuasca non è una pianta allucinogena, ma è curativa. Tra noi nessuno esce di matto assumendo la ahuasca. È fondamentale avvicinarsi alle piante con amore, gentilezza, delicatezza e umiltà per preparare un autentico rimedio. Io ho studiato le piante per fare il bene, non il male: questo è il curandero. Il segreto sta nelle dosi, nella giusta dose per il paziente. Nessuna pianta fa male all'uomo".

Alla fine della conferenza la mia amica mi chiede cosa ne penso. Mi dice di essere dispiaciuta che Juan Flores abbia parlato così poco, mi esprime il suo timore che il pubblico non abbia potuto cogliere la vastità della sua sapienza. Le rispondo che quello che ho potuto cogliere di quest'uomo è il suo amore: per le piante, per le medicine, per i pazienti che cura. Più che quello che sa, Juan Flores mi ha comunicato il suo essere, con la semplicità di chi è maestro di vita ...

"Quando facciamo una medicina, la facciamo in modo profondo, con amore. In questo modo curiamo con le piante."

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